Quando studiavo danza classica indiana in un tempio di Pushkar, cittadina che si sviluppa intorno a un laghetto sacro del Rajasthan, dove ho vissuto per circa 3 mesi; tra una lezione di ‘stepping’ e l’altra, per liberare la mente dallo studio e riposare il corpo messo a dura, durissima prova dal duro, durissimo allenamento, andavo a camminare con la musica nelle orecchie e l’immaginazione negli occhi, tra le campagne giusto fuori dalla cittadina.
E così, incontrai Krishna.
Infilando spudoratamente il naso in una proprietà (in via di costruzione) privata, attratta da un cartello caotico in cui apparivano le scritte in inglese German Vegan Bakery, Ayurveda Doctor and Treatments, un misto esotico senza senso troppo allettante per le mie narici da segugio di Vita.
Venni accolta proprio da lui, padre di famiglia, marito sposato per amore con Sangeeta (cosa non proprio ben vista in India), imprenditore di se stesso con questa duplice attività di Panettiere vegano e Dottore Ayurveda che lo ha subito reso ai miei occhi una persona da frequentare.
E così, cassetta di pane dopo cassetta di pane, pomeriggi dopo pomeriggi di chiacchiere e chai a parlare della sua, incredibile, vita, ottenni il grande privilegio di poter ricevere da lui gli insegnamenti che sua madre e sua nonna gli avevano impartito riguardo la disciplina medica naturale tradizionale indiana, nonché mia passione, ossia: l’Ayurveda.
Fu un’esperienza meravigliosa, di quelle che mentre le stai vivendo ti fanno sentire come la protagonista di un film candidato agli oscar che avrai visto solo tu, ma non per questo di minor rilevanza.
Fu durante uno dei nostri giorni di scuola domestica che si svolgevano sul pavimento dell’unica camera della sua casa in costruzione, che mi introdusse la sua Teoria secondo la quale ognuno di noi ha qualcosa di unico e speciale scritto dentro di sé, come tracce di una missione che vanno riconosciute, ascoltate e riordinate per permetterci di compierla.
“Scritte da chi?” Ti chiederai, giustamente, tu.
Beh, per Krishna, devoto e praticante induista: scritto dalle sue Divinità; ma, per noi altri, può valere qualsiasi altra entità, personaggio pubblico o Energia alla quale attribuiamo quella valenza metafisica che ci aiuta a spiegare con il cuore, l’inspiegabile della mente.
Quindi, secondo la Teoria: gli Dei, la Vita, l’Energia Divina o chi per essi, avrebbero scritto una sorta di traccia dentro ognuno di noi che si presenta sotto forma di desideri buoni, di propensioni, di preferenze, di pulsioni e spinte vitali, di idee, visioni, volontà e sentimenti, che sarebbero lì apposta per accompagnarci là dove il nostro cuore, la nostra anima, il nostro Sé più Vero e libero, vorrebbe arrivare.
Là dove lo attende, in poche parole, la sua piena Realizzazione.
Inutile dirvi che, a una romantica come me, la Teoria di Krishna, l’ha convinta e conquistata fin dal primo istante, prima ancora di andare ad arricchire ed approfondire le mie ricerche sul Benessere e l’Autorealizzazione non solo con gli studi Spirituali, ma anche di Psicologia e Counseling che mi hanno portato ‘termini’ più tecnici e teorie più scientificamente riconosciute che di base ribadiscono la stessa cosa: l’importanza di risvegliare quel sentire intimo fatto di cose che ci piace fare, talenti e doti naturali, propensioni e desideri che se, assecondati e perseguiti, non solo ci fanno sentire degli esseri gratificati e felici ma soprattutto in via di evoluzione, espansione e, infine, Realizzazione.
Una Teoria che può rivelarsi un po’ scomoda in una società che ci vuole tutti belli, automatizzati e impacchettati in professioni e vite dove c’è poco, per non dire nulla, spazio e rispetto per la Libera Espressione.
Ma qualcuno, a un certo punto, dovrà pure ribellarsi, no?!
Fosse proprio a cominciare da una semplice, innocentissima e insospettabile domanda:
“Cosa c’è scritto dentro di me?!”
Buona Scoperta.
(E ribellione).
Lara
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